Crisi? Non per il Made in Italy di qualità Il Made Italy di qualità sembra non conoscere crisi. Secondo una recentissima ricerca di Coldiretti, infatti, le esportazioni dei beni Made in Italy sono cresciute in modo esponenziale anche per prodotti non usuali come la birra e il caviale, conquistando quei Paesi che ne sono tradizionalmente i principali produttori (rispettivamente Germania e Russia in questo caso). "Un po' come vendere frigoriferi agli eschimesi" - è l'espressione azzeccata di un giornalista de "La Stampa". A trainare, però, sono sempre cibo e vini che hanno visto un +79% negli ultimi 10 anni, con l'exploit della produzione vinicola italiana del 2015, balzata in testa alla classifiche mondiali spodestando proprio quella francese. Questo trend positivo è stato confermato anche da "L'Unità" (dati di fine 2015), secondo cui Ministero dello Sviluppo economico, Istat e Centro Studi di Confindustria sono tutti concordi sui primati dell’Italia nell’export, soprattutto nel settore manufatturiero, il secondo in Europa. "Sebbene dunque quel nucleo di Paesi emergenti – fondamentali per l’export globale – in questo periodo avanzi con fatica a causa del pesante calo dei prezzi del petrolio e di altre materie prime come rame e carbone, il marchio Made in Italy non sembra perdere la capacità di raggiungere quei mercati" (Fonte: l'Unità) Insomma, sembra che all'estero un manufatto d'eccellenza e di qualità, progettato, lavorato e prodotto nel Bel Paese, sia ancora largamente apprezzato nonostante la crisi che dal 2007-2008 attanaglia l'Italia e l'Europa. Quella stessa crisi che, qualche anno fa, sembrava stesse per mettere in ginocchio un'industria tessile a Camerano, in provincia di Ancona. È la storia di Gianmarco Taccaliti (ultimo discendente di una storica famiglia di camiciai) e di Gianluca Mei (esperto di marketing e strategie digitali) che insieme sviluppano e collaudano un nuovo brand, Neronote, e un sistema di distribuzione online che consente al cliente di diventare il sarto di se stesso, creare camicie su misura e ricevere il prodotto entro due settimane, direttamente alla porta di casa. Una storia di successo finita sulle pagine di Repubblica e Il Corriere della Sera e che ci insegna il potenziale valore aggiunto del web nella comunicazione e nella distribuzione digitale: uno strumento che le aziende italiane sembrano sottovalutare o addirittura non conoscere. "Il mercato è su internet, ma il Made in Italy non lo sa", titola Linkiesta nel 2014. Le microimprese hanno cominciato a varcare i confini nazionali, alcune con successo, altre no, perché – prosegue Linkiesta - "ci sono barriere dimensionali o finanziarie che sono tuttora difficilmente sormontabili. A meno che, ovviamente, non si decida di provare a vendere quel che si produce in quello che ormai molti chiamano “il sesto continente” dei mercati digitali [...] Un continente che, per il made in Italy e per i suoi più piccoli protagonisti, è ancora terra inesplorata". È qui che si inserisce il lavoro di Artitaly, la divisione di Creative Web Studio che ha il fine di promuovere, attraverso la comunicazione digitale, i prodotti, i mestieri, le arti e il patrimonio storico-artistico della nostra penisola. Rivolgendosi sia alle PMI che alla pubblica amministrazione, Artitaly vuole riportare l’attenzione sulle aziende artigiane, quelle sartoriali e, più in generale, sull’industria manifatturiera ed alimentare riconducibile al marchio "Made in Italy", una parola chiave le cui ricerche, secondo esteri.it, sono aumentate del 156% tra il 2006 e il 2010. Anche Google ha fatto sapere che, nel primo semestre del 2013, le ricerche relative al Made in Italy e ai settori chiave ad esso legati sono cresciute dell’8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Non solo. Il colosso californiano, nella persona del suo executive chairman, Eric Schmidt, si è già detto disponibile ad accompagnare l'Italia e i suoi prodotti alla conquista dell'economia digitale (Fonte: Linkiesta) È chiaro quindi che il mondo ha voglia di prodotti made in italy autentici e di qualità, a prescindere dal brand, ma non può conoscerli. La vera chiave - scrive La Repubblica - è nelle parole di Gianluca Mei (Neronote): "Il nostro obiettivo non è il lusso, ma un prodotto di qualità alta a costi accessibili". Ed è proprio così. La gente clicca, si informa, naviga, ma come potrebbe arrivare a conoscere una piccola azienda italiana che svolge il proprio lavoro in modo eticamente corretto e con una manodopera altamente specializzata se non tramite la rete? Secondo Il Sole 24 Ore l'e-commerce rappresenta ora il 4% dell'export italiano (per un valore di 6 miliardi di euro), ma ci sono ancora ampi margini di crescita. Condividi Questo Post: Facebook Twitter Google + Pinterest
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