Web 3.0, sharing economy e Made in Italy: istruzioni per l'uso. Leggendo un interessante articolo comparso su Wired dal titolo 'Platforms are Eating the world' sembra quasi di vedere Pac-man mangiare i piccoli puntini bianchi che, in questo caso, sono però gli elementi del mercato tradizionale inglobati dalle nascenti piattaforme digitali. È il caso di Uber, Bla Bla Car, Airbnb ecc., tutte app che offrono servizi facilmente accessibili e in grado di dare scacco ai sistemi economici tradizionali, rivoluzionando di fatto il rapporto tra produttore e consumatore. Mentre il web 1.0 ha avviato la condivisione di informazioni mediante la creazione di siti e contenuti di base, e il web 2.0 ha stabilito una nuova connessione tra le persone attraverso i social network, il web 3.0 sta invece realizzando il collegamento diretto tra persone, prodotti e servizi. Queste considerazioni si avvicinano alla concezione dell'agenzia brasiliana "CUBO", che ha definito il web 3.0 come "l'abilità per i clienti di comunicare con le aziende" e a quella dell'ancor più lungimirante Jerry Yang, cofondatore di Yahoo!, che già 10 anni fa dichiarava: "Stiamo osservando che ciò che si manifesta nel Web 2.0, nel Web 3.0 sarà una grande estensione di tutto ciò, un vero e proprio mezzo comune ... la distinzione tra professionista, semi-professionista e consumatore andrà sfocandosi creando un effetto rete per business e applicazioni". (Fonte: Wikipedia) Nell'ottobre scorso Amazon ha addirittura lanciato un negozio digitale per permettere agli artigiani italiani e ai produttori del Made in Italy di vendere i propri prodotti online. Stessa storia per la piattaforma cinese Alibaba, che punta a veicolare la diffusione del vino italiano in Cina e in Asia. "Ai suoi tempi Marco Polo impiegò otto anni per andare e tornare dalla Cina, oggi voi potete portare i vostri vini ai consumatori cinesi in otto secondi" - ha recentemente affermato il proprietario del colosso cinese Jack Ma. (Fonte: Il Sole 24 Ore) Le piattaforme della sharing economy, allo stesso modo, nonostante non abbiano ancora trovato una effettiva regolamentazione, stanno dimostrando che il futuro, almeno quello immediato, può essere rappresentato da una connessione diretta tra produttori - non solo di beni, ma anche di servizi - e consumatori senza l'utilizzo di intermediari. Il termine disintermediazione, perfettamente adatto a descrivere questo fenomeno, trae la sua forza dal web e trova una perfetta applicazione, ad esempio, in ambito turistico. Infatti, i principi della sharing economy applicati al turismo (vedi app e piattaforme home-restaurant) sono di fondamentale importanza per diffondere la cultura italiana e superare gli stereotipi legati al nostro Paese. Questa potrebbe essere un'enorme possibilità di crescita per il mondo del Made in Italy, sia per gli utenti (grazie ad una consistente diminuzione dei costi distributivi) che per le aziende, le quali potrebbero tuffarsi sul mercato globale, conservando comunque la propria identità. La mission di Artitaly è proprio quella di supportare le aziende tradizionali del Made in Italy di qualità a sviluppare un solido piano di comunicazione che permetta loro di cogliere le sfide del XXI secolo senza perdere la propria vocazione artigianale. Ciò si traduce in una corretta strategia di social media management, nella cura dell'immagine attraverso contenuti multimediali di qualità, in una spiccata attitudine a raccontare e a raccontarsi attraverso lo storytelling e nello sviluppo di canali e-commerce e piattaforme che consentano l'accesso a mercati inesplorati. Perché in fondo, per usare una frase di Joseph Schumpeter, la vera innovazione è "fare le cose vecchie in un modo nuovo". Condividi Questo Post: Facebook Twitter Google + Pinterest
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