Web, Social Network e Musei. Quale futuro per chi conserva il nostro passato? Quante volte ai vostri figli capita di ricordare quel bel museo, magari meno importante, con tanti filmati, giochi e percorsi interattivi piuttosto che un capolavoro dell'arte? È vero che i musei conservano la nostra storia e il nostro passato, ma questi due sostantivi non devono essere sempre sinonimo di tedio, anzi. Il fine ultimo è sempre e comunque l'educazione e la divulgazione. Come sottolinea il celebre quotidiano britannico "The Guardian" in un articolo del 2015, le persone passano massimo una o due ore all'interno di un museo. Ma quanto tempo spenderebbero, invece, di fronte a contenuti digitali? Non si tratta di scegliere l'una o l'altra cosa, ma di saper conciliare tradizione e innovazione. Ad esempio, ci sono musei che primeggiano in questo tipo di intrattenimento, ma hanno poco da offrire dal punto di vista culturale. Pensate se i musei italiani potessero proporre contenuti digitali mirati ad ampliare l'esperienza sensoriale di un utente rispetto all'opera d'arte. Grazie agli strumenti della Realtà aumentata e del Qr-Code si potrebbe scoprire la storia di un dipinto, di una scultura, qualche curiosità o, in altri casi, osservare direttamente sui propri dispositivi elettronici immagini esplicative o video in cui l'opera prende letteralmente vita. Insomma, un modo molto più dinamico e interattivo rispetto alle classiche audio-guide (lo si può già trovare di tanto in tanto, ma in via del tutto sperimentale) che renderebbe la conoscenza un'esperienza divertente e condivisibile attraverso i social. Da questo punto di vista, Artitaly supporta la pubblica amministrazione nella valorizzazione delle città d'arte e dei loro poli museali e progetta questo tipo soluzioni per valorizzare il loro patrimonio storico-artistico attraverso la comunicazione digitale. Perché oltre che per l'entertainment, la capacità d'attrazione di un museo passa anche per un certa appetibilità sulla rete. "Brutti e inospitali, ecco i musei italiani sul web", è il titolo di un reportage del quotidiano "La Repubblica" del 2013. Ma cosa è cambiato? Apparentemente non un granché. Il sito web di Castel S.Angelo, che viene definito l'ottavo museo più visitato d'Italia e il settantunesimo nel mondo, non è dotato di tecnologia Responsive Design ed è ancora solamente in Italiano. Inoltre, non risulta particolarmente allettante come interfaccia grafica. Solo per citarne uno. Gli Uffizi di Firenze e i Musei Capitolini a Roma sono gli unici musei italiani nella lista dell'Artproject di Google, un super-progetto che raccoglie online le gallerie di alcuni dei più importanti poli museali del mondo e li rende disponibili in modalità "Street View". In ogni era si palesa la necessità di salvare l'arte dalla barbarie, dalla guerra e dal tempo. Per "tempo" non si intende qui solo quel fenomeno di deterioramento e logoramento fisico dei beni culturali, ma anche una diversa fase della vita dell'uomo. In parole semplici, vuol dire che bisogna saper valorizzare e veicolare il nostro patrimonio anche in rapporto ai cambiamenti della società e "salvarlo" da una collettività che, altrimenti, lo ignorerebbe (o se ne allontanerebbe). Allora, se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. In un momento di declino economico e culturale, è possibile invertire la rotta, riscoprendo quanto di buono la nostra cultura e il nostro immenso patrimonio hanno creato nel tempo. Solo utilizzando la tecnologia non come fine ultimo, ma come mezzo, riusciremo a valorizzare i principi sui quali basare il nostro futuro e velocizzarne la diffusione in maniera esponenziale. Condividi Questo Post: Facebook Twitter Google + Pinterest
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